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martedì 19 marzo 2013

San Giuseppe - festa del papà


 Lettera a San Giuseppe di Don Tonino Bello




 Caro San Giuseppe,
scusami se approfitto della tua ospitalità e mi fermo per una mezz’oretta nella
tua bottega di falegname per scambiare quattro chiacchiere con te.
Non voglio farti perdere tempo. Vedo che ne hai così poco, e la mole di lavoro ti sovrasta. Perciò, tu continua pure a piallare il tuo legno, mentre io, seduto su una panca, in mezzo ai trucioli che profumano di resine, ti affido le mie confidenze.
Non preoccuparti neppure di rispondermi. So, del resto che sei l’uomo del silenzio, e consegni i tuoi pensieri, profondi come le notti d’Oriente, all’eloquenza dei gesti più che a quella delle parole. Vedi, un tempo anche da noi le botteghe degli artigiani erano il ritrovo feriale degli umili, vi si parlava di tutto, di affari, di donne, di amori, delle stagioni, della vita, della morte. Le cronache di paese trovavano lì la loro versione ufficiale, e i redattori dell’innocuo pettegolezzo quotidiano affidavano alle rapidissime rotative degli avventori la diffusione delle ultime notizie.
Il tempo passava così lento, che gli intervalli scanditi ogni quarto d’ora dalla torre campanaria sembravano un’eternità, ma forse era proprio questa lusinga di eternità a rendere preziosa un’opera di artigianato e a darle vita era proprio quella angosciante porzione di tempo che vi veniva rinchiusa. Sembrava che la materia prima di una seggiola o di un vomere non fosse tanto il legno od il ferro, ma il tempo; e che la fatica del fabbro o del carpentiere, del sarto o del calzolaio fosse quello di addomesticare i giorni comprimendoli nella materia e crearsi per un istinto di conservazione riserve di tempo negli otri delle cose prodotti dalle sue mani. Il tempo allora era imprigionato nella materia come l’anima nel corpo, ruggiva dentro un oggetto e gli dava movenze di vita se non proprio l’accento della parola. Le cose nascevano perciò lentamente e con i tratti di una fisionomia irripetibile. Come un figlio, prima un atto d’amore, dolcissimo e breve, poi nove mesi.
Oggi purtroppo qui da noi di botteghe artigiane ne sono rimaste veramente poche. Al loro posto sono subentrate le grandi aziende di consumo: non si genera più, o meglio si concepisce solo l’archetipo, ma senza passione e con molto calcolo. L’archetipo poi, questo sordido ermafrodita, riproduce con ritmi di allucinante rapidità, squallidi sosia, con l’unico desiderio che campino poco. Ed eccoli lì, allineati, questi elegantissimi mostriciattoli dalla vita breve, belli, ma senz’anima, perfetti, ma senza identità, lucidi, ma indistinti. Non parlano perché non sono frutto di amore, non vibrano, perché nelle loro vene non ci sono più i fremiti del tempo prigioniero.
Si, Giuseppe! È proprio questa anemia di tempo che rende gelide le nostre opere.
Ecco, attraverso l’uscio socchiuso, scorgo di là Maria intenta a ricamare un panno bellissimo, senza cuciture, tutto tessuto d’un pezzo da cima a fondo. Probabilmente è la tunica di Gesù, ma non per quando nascerà, per quando sarà grande: gliela prepara fin d’ora, prima già che lui nasca.
Io non me ne intendo, e perciò non so se gli arabeschi che disegna con l’ago siano fatti a punto erba o a punto ombra. Forse sono fatti a punto a croce
.

Una cosa, però, intuisco: che quando tuo figlio indosserà quella tunica, lui, l’eterno, si sentirà le
spalle amorosamente protette dal fragile tempo di sua Madre.
Povera Maria. A suo figlio, vorrebbe dargliela tutta intera la sua vita. Ma non può. Allora gliene regala una porzione, fin da adesso, racchiusa nello scrigno di quella tunica.
Forse un giorno, proprio per questo, sulla vetta del Golgota, gli uomini della Croce non vorranno lacerarla.
Oggi da noi, anche i ricami vengono fatti in serie.
C’è una ditta, la quale ha inventato una macchina che fa i punti perfetti, e non soltanto quelli!
E se tu dopo aver comprato in un negozio della città di san Francesco, un guanciale disegnato o a “punto assisi”, la notte pensi di poggiare il capo su un frammento di tempo regalatoti da un’anonima ricamatrice, bella come Santa Chiara, ti illudi amaramente.
Questo è forse il sacrilegio più grave della nostra civiltà. La distruzione del tempo, e col tempo
dell’amore, della fantasia, della bellezza, dell’arte....... (continua) 

 Oggi ricordiamo anche tutti i papà...


 al papà dei miei figli,     ai figli che son diventati padre   , al nostro Papà celeste,  al Santo Padre Francesco,   ai papà che soffrono per la lontananza dai loro figli,    ai papà che sono volati in cielo......

                                    AUGURI! 

6 commenti:

  1. Grazie Dalmazia per le grandi emozioni che sto provando in questo momento dopo aver letto la lettera di Don Tonino Bello e alla meravigliosa idea che hai avuto in questo giorno così importante per la chiesa e per tutti i figli e papà di tutto il mondo.Che San Giuseppe protegga tutti,in particolare gli affidiamo Papa Francesco così umile ma tanto grande che ha già conquistato tutti i credenti,compresa me, naturalmente!Gli auguri più belli al tuo adorato figlio che da quest'anno si è aggiunto ai papà di tutto il mondo.A te un bacio e l'augurio di buona giornata!Andreana

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  2. ho appena terminato di vedere l'insediamento di Papa Francesco, e ora il tuo bellissimo scritto, grazie, non credo di avere parole per esprimere le emozioni di questi momenti.. ciao Lella

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  3. Grazie, ieri non è stata una giornata facile per me, non avendo più mio padre con me da moltissimi anni ieri mi è mancato più del solito. Oggi leggo questo e mi ricommuovo di nuovo...ma, grazie, grazie, grazie!
    Rosanna

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  4. Come sostiene papa Francesco,tiriamola fuori la tenerezza, e tu cara Dalmazia ci sei riuscita,complimenti e grazie per quello che mi hai trasmesso.
    Nadia

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  5. sono contenta ragazze che avete provato le mie stesse emozioni.....

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  6. Cara Dalmazia,Don Tonino è stato un uomo meraviglioso!!!Sono stata a pregare sulla sua tomba il giorno di Pasqua.Quel posto è magico si respira aria di pace e serenità!!! marinagreco5@hotmail.it

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